Lo Stato c'è. E ci sarà. E' il messaggio lanciato dai carabinieri dopo il blitz nel rione di Montevescovado. L'operazione condotta da trenta militari e dal nucleo cinofili di Pontecagnano ha permesso la scoperta di nascondigli utili alla detenzione illecita di sostanze stupefacenti e armi. Otto perquisizioni che hanno portato alla luce pistole, cartucce e quantità diverse di droga pronta per il mercato. Oltre ai nascondigli, per nascondere la droga venivano usate spesso anche abitazioni private. All'interno di un circolo privato invece sono state trovate slot machine abusive e non autorizzate. Quasi in secondo piano invece il fatto che un uomo, sottoposto ai domiciliari, passeggiasse sereno tra le palazzine.
Quelle palazzine che oggi però hanno deciso di ribellarsi all'etichetta che qualcuno gli ha affibbiato. E lo fa nel nome di chi plaude a questi controlli straordinari. Eseguiti, questi ultimi, non per intimorire i residenti ma per sottolineare la presenza dello Stato e delle forze dell'ordine in un contesto sociale già di per sé difficile e complicato. Secondo la Sezione Operativa retta dal capitano Marco De Chirico, i controlli effettuati nel pomeriggio di martedì erano già nell'aria. Nei giorni precedenti al blitz, il reparto carabinieri aveva raccolto diverse segnalazioni (per lo più anonime ma anche in prima persona) che raccontavano di piccole attività di spaccio in corso. Non solo: in quello che è il labirinto dei prefabbricati pesanti, la percezione che qualcosa si stesse muovendo, in barba all’incolumità di residenti ed ex terremotati, era sentita già da tempo. Il controllo massiccio disposto dalle forze dell'ordine è partito proprio per stroncare sul nascere questo fenomeno.
Un controllo scaturito dalla raccolta di informazioni da parte di chi ha deciso di dire basta. Basta alla paura, o semplicemente al rischio di ritrovarsi nel bel mezzo di uno spaccio di stupefacenti. A Montevescovado, così come a Piedimonte, non c'è solo questo. Non vi sono solo tracce di attività illecite, sulle quali i controlli dei carabinieri continueranno, ma anche di disagio sociale. Quest'ultimo rappresentato da chi possiede un lavoro ma attende una casa da 33 anni. Sono 260 oggi le famiglie che ancora vivono in condizioni fatiscenti e umilianti dentro costruzioni che nel lontano 1980 furono messe in piedi per una durata di appena 5 anni. Le stesse famiglie che immaginano una casa lanciando più di uno sguardo verso gli scheletri di un cantiere chiuso da anni e vincolato da una situazione troppo confusa come è quella della Iacp. Due giorni fa una parte del rione però ha deciso di dire basta e di riprendersi, almeno per ora, la sua dignità.
Nicola Sorrentino