Come anticipato dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il governo italiano ha deciso di andare avanti con il controverso progetto di trasferimento dei migranti in Albania. In un breve comunicato, il Ministero dell’Interno ha annunciato che 49 cittadini stranieri sono stati imbarcati sulla nave Cassiopea per essere trasferiti in Albania, dove inizieranno le procedure di accoglienza, trattenimento e valutazione dei singoli casi.
Questa è una nuova tappa del tentativo del ministro Matteo Piantedosi di far decollare uno dei progetti principali del governo in materia di immigrazione, dopo che le decisioni della magistratura avevano invalidato il trattenimento dei primi migranti nei centri albanesi, ordinando il loro ritorno in Italia. La mossa arriva dopo l’interpretazione che l’esecutivo ha dato della sentenza della Corte di Cassazione, la quale aveva stabilito che i giudici dei Tribunali di Roma non sono competenti per decidere sulla sicurezza di un Paese terzo, competenza che spetta invece ai ministri degli Affari Esteri e degli altri ministeri coinvolti.
La Corte, tuttavia, aveva lasciato la possibilità ai giudici di esaminare singoli casi, prendendo in considerazione situazioni di persecuzione generalizzata che potrebbero rendere un Paese obiettivamente insicuro. Inoltre, i giudici avevano il diritto di esercitare il controllo di legittimità sui decreti ministeriali che indicano alcuni Paesi come sicuri, qualora questi fossero in contrasto con la normativa europea vigente.
Il tema resta ancora aperto, con il prossimo pronunciamento della Corte di Giustizia Europea previsto per la fine di febbraio. Nonostante ciò, Piantedosi e Meloni hanno scelto di andare avanti. Il comunicato ministeriale aggiunge anche un altro dettaglio di natura comunicativa: “53 ulteriori migranti hanno presentato spontaneamente il proprio passaporto per evitare il trasferimento”. Secondo Piantedosi, questo rappresenta un elemento importante, in quanto consente di accelerare le procedure di verifica delle posizioni individuali, facilitando anche i rimpatri di chi non ha diritto a rimanere nell’Unione Europea. Il governo sembra quindi puntare sull’efficacia dei centri come deterrente contro i ritardi nelle procedure di identificazione e espulsione.