Pompei: quando furono scoperti i primi resti della città sepolta?

I primi ritrovamenti risalgono al XVI secolo, ma gli scavi iniziarono solo nel 1748 sotto Carlo di Borbone.

L’antica città romana di Pompei, dichiarata Patrimonio UNESCO nel 1997, fu sepolta dall’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. Già agli inizi del III secolo, l’imperatore Alessandro Severo (222-235) tentò di riportarla alla luce, ma il progetto fu abbandonato a causa dello spesso strato di ceneri e lapilli.

Secoli dopo, tra il 1594 e il 1600, durante i lavori per la costruzione di un canale idrico, furono rinvenuti resti di edifici, iscrizioni e monete romane. Tuttavia, nessuno collegò questi ritrovamenti alla città di Pompei.

Gli scavi sistematici iniziarono nel 1748 per volere di Carlo di Borbone, re di Napoli dal 1734 al 1759. In questa fase, il metodo di indagine era poco scientifico: si scavavano lunghe gallerie sotterranee, i cosiddetti “cunicoli borbonici”, con lo scopo principale di recuperare opere d’arte da esporre nel Museo della Villa Reale di Portici. Ciò che non aveva valore veniva lasciato e ricoperto nuovamente.

La svolta arrivò nel XIX secolo grazie a Carolina Bonaparte, sorella di Napoleone e moglie di Gioacchino Murat, re di Napoli dal 1808. Grande appassionata di archeologia, impose un’accelerazione agli scavi, aumentando il numero di operai e incentivandoli con premi economici. Inoltre, sotto la guida dell’antiquario Michele Arditi, venne introdotto un piano di scavo razionale: non più scavi casuali alla ricerca di tesori, ma un metodo sistematico che seguiva le strade della città, riportando alla luce case e strutture in modo organizzato.

Dopo il 1815, Carolina Bonaparte, ormai in esilio, assunse il titolo di Contessa di Lipona (anagramma di Napoli), ma il suo contributo agli scavi di Pompei rimase una pietra miliare nella storia dell’archeologia.

Redazione

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