Angri. Il PUC diventa una vera e propria rigenerazione urbana

Le ruspe come grandi gomme per cancellare. Le aree da demolire sono uguali a un foglio dove viene riscritto, senza cercare di farne perdere la connotazione persistente, uno spazio da preservare attraverso il concetto di “rigenerazione urbana”

Angri l'area ex mcm
Angri l'area ex mcm

Le ruspe come grandi gomme per cancellare. Le aree da demolire sono uguali a un foglio dove viene riscritto, senza cercare di farne perdere la connotazione persistente, uno spazio da preservare attraverso il concetto di “rigenerazione urbana”. Parte del paese nei prossimi anni sarà interessato da una parziale ristruttura urbanistica. Una parte del tessuto urbano sarà modificato e alcuni paesaggi e quartieri saranno completamente ricostruiti secondo nuovi criteri. L’area ex MCM, Corso Italia, Largo Caiazzo, Via Zurlo, Via Stabia e altre “particelle” saranno interessate dalle demolizioni e dalla ricostruzione, una vera e propria ridefinizione urbanistica dei luoghi. Alloggi, spazi verdi e nuove aree d’interesse pubblico e commerciale sorgeranno soprattutto tra Corso Vittorio Emanuele e Via Cervinia, la dorsale urbana storica del paese.

Il PUC recentemente approvato ha dato il via al cambiamento urbano ed edilizio di Angri. Le polemiche e le divergenze di pensiero sulla realizzazione dei progetti e una “colata di cemento” così etichettata dalle opposizioni consiliari non sono mancate. La svolta epocale, in questo frangente, l’ha data il sindaco ingegnere Cosimo Ferraioli che con “coraggio” ha aperto ai privati il bene pubblico sfruttato e cannibalizzato dalla mala politica dei precedenti decenni. La strada percorribile, forse l’unica, per dare nuovo impulso all’assetto urbano ed economico del paese. Le ruspe da qualche mese stanno dando forma allo “svecchiamento”. Urgeva aprire anche ai nuovi criteri di compatibilità ambientale, ormai acquisiti per le nuove edificazioni, fare ricorso a fonti energetiche rinnovabili, limitare l’inquinamento nelle sue più ampie declinazioni. Il PUC ha guardato, e non è un concetto strumentale, alle esigenze dei cittadini, per ottenere case più umane, meno grandi e costose e vivibili. Dovrebbe essere così.

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I nuovi edifici saranno caratterizzati da una maggiore qualità edilizia e architettonica e da concetti innovativi in campo domotico, energetico, tecnico e ambientale, oltre che collocati in ambiti dotati di standard adeguati, esercizi commerciali, luoghi di aggregazione, verde e parcheggi. Fino a oggi la legge urbanistica, ferma da 70 anni, è stata soltanto integrata da leggi regionali troppo spesso “clientelari”, velleitarie e inefficaci, i piani urbanistici hanno contenuto disfunzioni incapaci di leggere il futuro delle città post – industriali, caratterizzate dalla carenza d’infrastrutture e servizi indispensabili e in cui le funzioni abitative convivono in una congestione insostenibile con le attività secondarie e terziarie. La rigenerazione urbana, quella nell’ex area MCM sembra contenere queste istanze e fare letteratura. Il condizionale resta un obbligo poiché il rodaggio sicuramente si compirà soltanto vivendoci.

“La rigenerazione urbana è il frutto delle previsioni del Piano Urbanistico Comunale – dice il sindaco Ferraioli – che è stato approvato nel 2018 da un lato ci sono le opere pubbliche realizzate principalmente con il lo strumento della finanza di progetto dall’altro le attrazioni delle previsioni del PUC che i privati fanno vivere attraverso i propri investimenti riqualificando quelle aree della città per le quali è stata prevista. La rigenerazione è un processo in corso che porterà a vedere la nostra città rinnovarsi in alcuni dei punti più caratteristici principali con un ordine diverso da quello che avrebbe ottenuto. Se non ci fosse stato il piano urbanistico comunale strumento fondamentale per la gestione del territorio che abbiamo approvato con i voti contrari della stessa minoranza che pure lo aveva ideato nelle linee principali nell’esclusivo interesse della collettività d’altro canto le opere pubbliche avviate perlopiù attraverso l’utilizzo dello strumento della finanza di progetto testimoniano la volontà dell’amministrazione di fornire alla collettività quei servizi che mancano da sempre e ai quali non si era mai messo mano”. Tutti i cambiamenti spesso sono visti con dissenso ma poi diventano abitudini. L’era Alfano negli anni sessanta e settanta ha insegnato e dimostrato.

Luciano Verdoliva

Redazione

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