L’azienda era contigua al clan, la Cassazione conferma la revoca dell’appalto biennale che l’Acse aveva disposto nei confronti della Suacotex srl di Ercolano. Tutto nasce nel maggio 2017, con la commissione straordinaria da pochi mesi insediata a Palazzo Mayer dopo lo scioglimento del infiltrazioni camorristiche. Tra i primi provvedimenti disposti dalla triade prefettizia, la revisione totale di ogni appalto, gara, partecipazione e affidamento in corso nei diversi settori della macchina comunale, società partecipate comprese. E così i vertici dell’azienda di via Oberdan che si occupa della raccolta rifiuti, si imbattono in questo affidamento biennale per la raccolta degli indumenti usati, assegnato alla Suacotex srl di Ercolano con sede operativa a San Nicola La Strada, nel casertano. L’azienda risulta destinataria di una interdittiva antimafia, una macchia sul quale è impossibile sorvolare, in un Comune appena sciolto per la seconda volta per infiltrazioni mafiose. L’Acse decide per la revoca del contratto, una misura che l’azienda casertana contesterà, ricorrendo prima al Tar. Il Tribunale amministrativo però accoglie le motivazione presentate dalla partecipata scafatese, confermando la bontà della rescissione e collegando, come emerso dalla certificazione antimafia della prefettura di Napoli, gli imprenditori della Suacotex al clan Ascione di Ercolano che tra le sue fila annovera alcuni parenti dei titolari della ditta che si occupa della gestione dei totem per raccogliere gli indumenti usati. “Nella globalità degli elementi e del giudizio del “più probabile che non” ai fini della sussistenza di un convincimento di condizionamento mafioso in capo all’impresa, in considerazione della riconducibilità dell’intera compagine partecipativa e del vertice gestionale della Suacotex, legata da stretti vincoli di parentela con persone gravate da condanne penali per associazione di tipo mafioso” scriveranno i giudici del TAR. Si arriverà al Consiglio di Stato, senza neanche che l’Acse si sia costituita nel procedimento. Decisione nuovamente confermata e definitivamente chiusa dalla Corte di Cassazione con sentenza 10087 del 20 maggio 2020, Presidente Mammone Giovanni, relatore Mancino Rossana.
Adriano Falanga